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meva i caratteri dell’incubo. Punture acute, e non sempre di insetti, gli trafiggevano tutta la persona; egli si voltava e rivoltava, soffocava, gemeva. Spesso la luce aranciata dell’aurora giungeva prima ch’egli avesse potuto chiuder occhio; allora veniva colto da un grande spossamento, da un sonno invincibile, e doveva alzarsi!
Agli ultimi di maggio Giovanna aveva scritto pregandolo di non mandarle più denari, poichè guadagnava abbastanza per vivere discretamente: poi più nulla.
Eppure egli non dubitava della fedeltà di lei: quell’ultima lettera gli era sembrata anzi una prova di affetto.
Il re di picche lo aspettava ogni giorno con una certa ansia; lo fissava coi suoi occhietti diabolici: domandava con premura: — che nuove? — e se Costantino si meravigliava di questa domanda, anche l’ex maresciallo si meravigliava, non diceva di che. Solo osservava:
— Fa caldo.
— Sì, fa caldo.
La primavera è passata.
— Altro che passata!
La carestia al tuo paese sarà cessata, speriamo!
— Sicuro che è cessata. Mia moglie non vuole che le mandi più nulla.
— Ah! Lo so bene, caro amico.
L’ex maresciallo non sapeva che pensare, e quasi si stizziva che la sua profezia non si avverasse.