Pagina:Naufraghi in porto.djvu/118


— 112 —


II cappellano rileggeva attentamente la lettera.

— Io lo faccio; e questo è niente. Quando sarò libero, se le persone influenti di cui dispongo non mi faranno rimettere al mio posto, conto di occuparmi appunto della corrispondenza clandestina di tutti i condannati d’Italia. Una specie di agenzia...

— Non tarderete a ritornar qui...

— Eh! Eh! farò le cose a dovere: agenzia segreta, caro amico. E poi...

— Le grazie anche! — disse l’altro, ripiegando la lettera. Perchè lusingate così questi poveri disgraziati?

— Le grazie anche! — rispose freddamente il Burrai. — Ebbene, anche fosse soltanto un’illusione se è loro di conforto, non è opera buona? Che altro abbiamo noi se non la speranza?

— Allora, — disse l’altro, con voce raddolcita, — fatemi il piacere di non tormentare oltre quel povero ragazzo: dategli piuttosto qualche speranza; altrimenti finirà con l’ammalarsi.

L’ex maresciallo promise, ma a malincuore. Ah, quel metodo non gli sembrava buono.

— Egli morrà d’un colpo, in fede mia! — pensava. — Oh, verrà la primavera! Oh, allora si vedrà se chi conosce il mondo ha o no ragione. — E si metteva una mano sul petto.

Quando si incontrarono, Costantino gli chiese sorridendo se aveva visto su preideru (il prete) come fra loro chiamavano il cappellano, e cosa gli aveva detto. L’ex maresciallo stava appog-