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egli pensava sempre a lei, sempre a lei, sempre a lei.
Più il tempo passava, più sentiva di amarla: ella era la patria lontana, la famiglia, la libertà, la vita: tutto, tutto era in lei; la speranza, la fede, la forza, la serenità, la gioia di vivere, Era l’anima sua.
Quando il crudele re di picche gli minacciava quella cosa orrenda, lo minacciava di morte. Pur di non perder Giovanna egli sarebbe rimasto volentieri quarant’anni in reclusione; e nello stesso tempo anelava alla libertà appunto per non perder Giovanna.
Quell’inverno soffrì molto il freddo; aveva il viso livido, le unghie livide: nelle ore di aria si metteva al sole e batteva i denti come un vecchio. Voleva confessarsi spesso, e diceva al giovine cappellano tutte le inquietudini che provava.
— Chi vi ha messo in testa queste idee, caro figliuolo? — chiese il confessore; e gli occhi neri lampeggiavano.
— Un mio compatriota, l’ex maresciallo Burrai, il re di picche infine.
— Che Dio te strabenediss... — mormorò il cappellano, facendosi pensieroso. Egli conosceva bene il re di picche!
Cercò di confortare il condannato, poi gli domandò se e cosa Giovanna gli scriveva. Ahimè, Giovanna adesso scriveva raramente; dopo la morte del bambino pareva non avesse più nulla da dire. Ultimamente aveva scritto che al paese