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Adesso il bambino era morto. Il sogno era morto. Sia fatta la volontà del Signore. Ma Costantino soffriva profondamente pensando al dolore della moglie. E di questo si accorse il re di picche, quando quel giorno rivide il suo caro compatriota, all’ombra calda del muro; ma, strano conforto, cominciò a dirgli con ironia: — Ebbene, mio caro, tu sei pazzo a desolarti così. Pensa a te, pensa che se il Signore, come tu dici, ha richiamato a sè l’anima innocente, lo ha fatto per il suo bene.

— Perchè? — domandò Costantino, col capo chino, le braccia penzoloni e le mani aperte.

— Perchè era povero?

Quel giorno il re di picche voleva filosofare e disse che la povertà non era un male, tutt’altro, forse anzi un bene, anzi un bene addirittura.

— Ci sono altri mali, caro amico. Pensa a te; tua moglie si conforterà.

— Ah già, essa ha il sole! — disse Costantino, stringendo i pugni. — Questo sole che scotta! Ah, che se ne farà essa del sole!

— Pof! Pof! Pof! — canterellò l’altro, gonfiando tre volte le guancie grasse e giallognole; poi si distrasse, si guardò bene bene l’unghia del dito mignolo destro, e infine domandò:

— Dimmi tu, caro amico, e se tua moglie prendesse un altro marito?

— Ella farebbe bene a non dirmi queste cose, oggi, — disse con voce accorata Costantino.