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chiesto se non sapeva che ella aveva un figlio il quale un giorno poteva sputarle in viso domandando: «Perchè hai due mariti?».

— Anima mia, lo sapevo! — gridò Giacobbe trasalendo di gioia.

— Che sapevi tu?

— Che Giovanna ha un figlio.

— E questo lo sapevo anch’io, Ecco, ella mi ha scacciato, ecco tutto. Dalla strada ho sentito madre e figlia litigare acerbamente.

Dopo di che Brontu cercò il suo fiasco di acquavite. Giacobbe si sentiva allegro, aveva voglia di ridere.

— Ecco, — disse, — stanotte i sorci hanno bevuto la tua acquavite: ah! ah! ah! Ma ce ne deve essere ancora. Ce n’è ancora.

Brontu bevette avidamente, senza rispondere; poi buttò irosamente il fiasco contro il servo, che lo prese a volo. E come Brontu aveva bevuto per dolore, Giacobbe bevette per gioia.

VIII.

Circa tre anni dopo la sua condanna, una mattina in sul finire dell’estate, Costantino si svegliò di cattivo umore. Il caldo era opprimente e nella camerata gravava un odore nauseabondo. Un condannato russava sbuffando come una pentola che bolle.

Costantino aveva dormito con l’ultima lettera