Era il mio nido: dove, immobilmente,
io galoppava con Guidon Selvaggio
e con Astolfo; o mi vedea presente
36l’imperatore nell’eremitaggio.
E mentre aereo mi poneva in via
con l’ippogrifo pel sognato alone,
o risonava nella stanza mia
40muta il dettare di Napoleone;
udia tra i fieni allora allor falciati
de’ grilli il verso che perpetuo trema,
udiva dalle rane dei fossati
44un lungo interminabile poema.
E lunghi, e interminati, erano quelli
ch’io meditai, mirabili a sognare:
stormir di frondi, cinguettìo d’uccelli,
48risa di donne, strepito di mare.
Ma da quel nido, rondini tardive,
tutti tutti migrammo un giorno nero:
io, la mia patria or è dove si vive:
52gli altri son poco lungi; in cimitero.
Così più non verrò per la calura
tra que’ tuoi polverosi biancospini,
ch’io non ritrovi nella mia verzura
56del cuculo ozïoso i piccolini,