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il mio diario di guerra 89


leo. Caporetto. S'è — in questi due mesi — ingrandito, abbellito. Sempre lo stesso formidabile movimento di camions e di carri d’ogni genere. I paesani guardano con una certa curiosità i nostri abiti laceri e infangati, le nostre mani e i nostri volti sudici e anneriti. Noi siamo — modestamente! — un po’ fieri, di essere oggetto della curiosità della gente.


14 Novembre.


Dopo sei giorni passati a Vernazzo — ambiente mediocre — stamani, domenica, un ordine è venuto, portato da un motociclista della Divisione. E l'ordine dice: «Il bersagliere Mussolini torna al reggimento». Non domando perchè.

La notizia non mi sorprende e non mi addolora. Do un'occhiata al Monte Nero, tutto incappucciato di neve e mi dico: «Domani sarò a quota 1270». Da San Pietro Natisone si vede nettamente stagliarsi sul fondo dell’orizzonte il famoso «Naso di Napoleone». I miei amici del plotone si mostrano non meno sorpresi e molto più addolorati di me. La trincea non ha fascino per loro, sebbene fossero quasi tutti allogati nei «posti ufficiali» e quindi lontani dal pericolo immediato.

Pochi saluti, in fretta. Zaino in spalla. Mi presento in fureria. Il maresciallo c’è. Mi paga la cinquina, mi consegna la «bassa» di marcia e una scatoletta di carne.

Sono nella strada. Mi fermo a San Pietro, al co