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78 benito mussolini

stino Sciarra, di Isernia, della 13a compagnia. Egli è stato all’Infermeria per farsi visitare dal capitano e gli è riuscito di portare in trincea un paio di bottiglie di Asti spumante. Beviamo alla salute del Reggimento e alle fortune d’Italia. La giornata non finisce bene. Verso le cinque fischia uno shrapnel. Uno solo. Da un riparo si leva un grido di dolore: ci sono tre feriti, ma, fortunatamente, non gravi.


1° Novembre.


Comincia — per me — il terzo mese di guerra. Che cosa mi porterà? Notte di quiete e di sogni. Da qualche giorno, salvo la cannonata di ieri sera, l’artiglieria nemica tace. Anche il «cannoncino» riposa. Che significa? Sono state trasportate altrove le batterie che tiravano sulla nostra posizione? O si prepara con una copiosa scorta di munizioni un bombardamento in piena regola di qualche giorno? Chissà. Nei ripari si lavora accanitamente. Ogni tenda ha il suo fuoco. Si annuncia che Padre Michele dirà la messa al Comando. Ma, della mia compagnia nessuno si muove. Pomeriggio. Il cielo incupisce. Pioggia a raffiche.

— E’ la burrasca dei giorno dei morti, — mi dice qualcuno. Accanto a me, Rizzati, Massari e Sandri, tutti di Ferrara, parlano tranquillamente di canapa, di mediazioni, dei mercati, di barbabietole, come se non avessero altra preoccupazione.