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durato da mezzogiorno alle cinque. Il preludio è stato austriaco. Bersaglio, come sempre, la quota 144. Grossi calibri che giungevano accoppiati. La cima di quota 144 era avvolta nel fumo nero e biancastro delle esplosioni, che, portato dal vento, scendeva sul lago e annebbiava tutto l’altipiano di Doberdò. Gli austriaci hanno continuato indisturbati per quasi un’ora. Poi sono intervenute le nostre batterie. Per due ore, fuoco d’inferno. La selletta dove è la nostra trincea era tutto un rimbombo, le vibrazioni d’aria scuotevano i teli da tenda che abbiamo sulle tane, le doline sobbalzavano. Armato del mio binocolo, mi sono messo in piedi nel fosso della trincea, a godermi lo spettacolo. A un certo punto c’è stata una ripresa dei loro, ma breve. Sopraffatti dal numero e dalla potenza delle nostre batterie, gli austriaci si sono rassegnati a tacere. I nostri hanno continuato, implacabilmente, sino alle prime ombre del crepuscolo. Nelle mie orecchie c’è un ronzio curioso.

— E questo non è che un «aperitivo» — ci ha detto un bombardiere che filava, correndo, lungo un camminamento.

E’ sera. Le nuvole si stracciano... Sul mare è il primo quarto della luna nuova... Nel cielo sono, qua e là, delle stelle.

28 Dicembre.


Stanotte il duello delle artiglierie non ha avuto sosta. Al tenente Gelassi che comanda gli zappatori