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benito mussolini 187

centi frustavano furiosamente i muli e correvano. Shrapnels e granate piovevano a quattro a quattro. Ma, fortunatamente, pochissime facevano bersaglio. O cadevano nel lago o al di sopra, sul Debeli. Mentre l’artiglieria infuriava, noi ci siamo spostati lungo la grande strada maestra che costeggia e domina il lago alla sinistra, e siamo venuti agli avamposti. E già notte. Nel cielo è un punteggiare timido di stelle. Io le guardo con la trepida adorazione di un innamorato. E’ il sereno? Tornerà il sole? Alla nostra destra, lungo il costone di quota 144, gli austriaci lanciano grosse bombe. Quando giungono a terra, sprizzano alcune scintille, poi è Io scoppio, talvolta fragorosissimo. Una di queste bombe deve essere caduta in trincea, perchè si è udito urlare:

— O Dio! O Dio! Portaferiti... —

Poi, silenzio. Gli austriaci hanno continuato ancora per molte ore. Le stelle sono scomparse. Il cielo è tornato buio. Nelle tenebre del camminamento, qualcuno, brancolando, mi afferra. Io gli dico:

— Di là, di là!

— Chi sei? — Riconosco dalla voce il capitano.

— Buona sera, capitano.

— Buona sera, Mussolini. —

Adesso i nostri piccoli calibri tempestano. Stamani, pioggia. Tutta la notte, sino all’alba di stamani, i nostri cannoni hanno bombardato le posizioni nemiche di prima e di seconda linea. Ieri sera, all'accampamento, c’è stato un solo ferito del