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il mio diario di guerra 101


dalla neve; un centinaio di metri più in su, si profila il semicerchio del reticolato austriaco. Fra i due reticolati ci sono delle masse grige informi: sono cadaveri abbandonati. Notte serena, di plenilunio. Siamo in mezzo alla neve. L’occhio abbraccia un cerchio vastissimo di montagne che mi sono familiari. Alla mia destra si profilano il Monte Nero, il Vrala, il Vrsig, il Grande e Piccolo Jaworcek. Spettacolo fantastico. Ordine di innastare le baionette di sparare qualche colpo, intermittentemente. Il capitano Bondi, che ha il comando interinale del battaglione, passa verso la mezzanotte in ispezione la trincea.

— Nessuno deve dormire! — egli ci dice. — Non impressionatevi per le bombe a mano. — Freddo acuto. Siamo completamente all’aria aperta. La trincea non offre ripari di sorta. Ho sparato durante la notte mezza dozzina di caricatori. Gli austriaci hanno risposto fiaccamente. C’è un ferito, fra noi, ma leggero.


Venerdì 18 Febbraio.


Giornata serena, ma freddissima. Guardando verso l’Italia, si vede tutta la pianura di Udine e in lontananza, oltre le lagune, la linea azzurra, appena percettibile, dell’Adriatico.

Tre shrapnels austriaci, provenienti forse dallo Jaworcek, battono sulla trincea degli alpini, sottostante alla nostra. Vedo passare, di corsa, alcuni