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Dalle falde dell'Jaworcek alle vette del Rombon



15 febbraio


Caporetto. E’ la quarta volta che passo da questa piccola città slovena, che i nostri occuparono appena varcato il confine. Al Comando di tappa trovo ancora lo stesso capitano e i sottufficiali che c’erano nel settembre. Nulla di cambiato. La città mi appare più pulita, oserei dire ringiovanita, ma più silenziosa e deserta. Pochi soldati, pochi carri. Il vertiginoso movimento dei primi mesi di guerra esiste ancora, ma è stato deviato alla periferia dove è sorta la città militare con strade larghe e ampie piazze. Anche la popolazione non è cambiata. Entro in alcuni negozi e trovo ancora le facce enigmatiche che notai la prima volta. No. Questi sloveni non ci amano ancora. Ci subiscono con rassegnazione e con malcelata ostilità. Pensano che noi siamo di «passaggio», che non resteremo; e non vogliono compromettersi, nel caso in cui ritornassero, domani, i padroni di ieri.

Pomeriggio grigio. Mi dirigo verso il Cimitero