Pagina:Muratori-Cristianesimo Felice-vol 1-1752.djvu/72


Del Paraguai. 61

introdotta sotto specie di Compagnia di Mercatanti un’infame Pirateria. Se n’entravano essi coll’armi nelle terre abitate da gl’Indiani, con iscorrere lungi anche le centinaia di miglia, e come si usa fra noi di andare a caccia di lepri, cignali, cervi, ed altri animali selvaggi, anch’essi si portavano a caccia di quegl’infelici Indiani, non già per ucciderli, ma per prenderli vivi, e farli schiavi. Se non facevano assai preda, rivolgevano all’improvviso il lor furore anche sopra le Popolazioni de’ circonvicini Indiani, tuttoché fosse pace con loro, ed uccidendo chi potea opporli loro coll’armi, o bruciandoli anche vivi nelle lor capanne, menavano prigioniere tutto il resto di quelle famiglie. Non mancavano mai loro pretesti d’ingiurie ricevute, per procedere con qualche colore a così barbari attentati. Facevasi poi una fiera di quella miserabil gente, con vendere allo stesso buon mercato una Donna col Suo Figliuolo, come si vende fra noi una pecora coll’agnello. E di là passando l’infelice ciurma al Perù, si vendeva più caro questa detestabile mercanzia, montando ogni anno il guadagno loro a molte migliaia di Scudi. Intanto a gli altri buoni Spagnuoli pietà e disdegno recava il mirare oppressi e distrutti dall’insaziabil interesse altrui que’ Popoli, ed infamato con ciò il buon nome della Nazione, ed insieme renduta abominevole nell’Indie la Religione di Cristo; ma niuno osava di andar contro a tanta iniquità a faccia aperta per non tirarsi addosso la nemicizia di que’ potenti Mercatanti. In oltre allorché il P. Giuseppe de Arce Gesuita, spinto dal suo zelo, propose di andare a predicar la Fede di Gesù Cristo fra i Popoli Ciquiti, conoscendo coloro, che veniva a fallire l’iniquo