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Del Paraguai. 33

contra di chi non vuol’ ubbidire, e molti lo credono al mirare talvolta i minacciati consumarsi a poco a poco come tisici, e mancare di vita, verisimilmente per veleno segretamente lor dato. Aggiungono essi Missionarj, che per arrivare a questo comando, anche ivi molto desiderato, ricorrono i pretendenti a qualche Mago, che conducendoli ne’ boschi dopo averli unti con grasso d’animali, e fatto fare più d’una carriera, gl’introduce all’udienza del Diavolo, il quale visibilmente veggono, e con cui parlano. Se noi crederemo, che tutte quelle sieno ciurmerie di que’ creduti Maghi, forse coglieremo meglio nel segno. Solamente sulla relazione altrui, rapportano que’ buoni Religiosi le visite, di que’ neri Spiriti.

Ma quelle pìcciole Repubbliche, o popolazioni, con quanta facilità si compongono, con altrettanta si sciolgono, perchè ognuno è signor di se stesso, e per ogni anche lieve disgusto, si ritira l’uno dall’altro, passando in altro paese, e sotto altro Cacique. E ciò perchè quel che lasciano in un luogo, siccome pochissimo, tosto lo truovano in un’altro. Cioè le lor case non sono che miserabili capanne ne’ boschi, composte di frasche d’alberi, o di canne, l’una presso l’altra, ma senza alcun’ ordine e distinzione. La porta d’ordinario è sì bassa, che bisogna entrarvi carponi; e di sì bella architettura non san rendere altra ragione, se non che lo fanno per difendersi dalla molestia delle mosche, zanzare, ed altri insetti, de’ quali abbonda il paese ne’ tempi delle pioggie; siccome ancora affinché i nemici non possano di notte tirar loro delle freccie: il che sarebbe inevitabile, se le porte fossero più grandi. Costa poco il rifare altrove somiglianti