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o meglio d’inferiorità civile che li esclude da certe dignità e da date funzioni.

Le condizioni della donna in Israele furono le più umilianti e miserabili che la umana ingiustizia abbia sancite mai ad un essere debole — La poligamia, la superstizione, i pregiudizi della scienza antica, l’egoismo brutale di un popolo crasso di cervello e duro di cuore, tutto si coalizzò contro di lei: e le eroine che rifulsero a quando a quando in Israele non riescirono a riabilitare nel concetto dei discendenti di Mosè una creatura ch’egli avea tanto crudelmente depressa nella sua legislazione.

La odiosa distinzione fra i figli del padre e quelli della madre colle relative conseguenze civili, il levirato, la legge sul divorzio, o meglio sul ripudio, le norme della purificazione puerperale, la nessuna protezione dalle leggi accordata alla donna contro i più strani e frivoli capricci del marito, i legami della fidanzata; tutto, fino alla formola del matrimonio, che faceva passare la donna come cosa in proprietà del marito, sono altrettanti documenti che non onorano certo la giustizia ebraica, e neppure manifestano una logica coerenza con quel concetto vivente ed incarnato nella storia, nei costumi e nella religione di una nazione, che aspettava dalla fecondità di una donna la sua rigenerazione e la sua eterna grandezza.

La figlia d’Israele non ebbe dalla legge mi-