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una isterica inveterata, affetta da un’emiplegia autosuggestiva e da dolori psicogeni! Il caso è perciò tanto più significativo per giustificare il dubbio sulla “intollerabilità„ di certe malattie di carattere neurosico, e curabili con la Psicoterapia anzichè con le pallottole di rivoltella!

A Domodossola, la signorina Giacomina Giacomini, di anni 20, era fidanzata a certo Luigi Brignoli; ma affetta da tubercolosi ormai giunta all’ultimo stadio se ne giaceva moribonda. Il fidanzato, che ne era amantissimo, non tollerando più di vederla tanto soffrire, e sentito dal medico che era perduta ogni speranza, pensò di finirla; e armatosi di rivoltella la sera del 31 dicembre 1919 si fece accanto al suo letto, e mentre essa era assopita, quasi comatosa, le tirò un colpo alla testa; ma il colpo, forse per l’agitazione del giovane, lì per lì non riescì mortale e solo valse a sfregiarle una guancia, ad asportarle un dente e a fissarle la pallottola nella mascella. Il giovane però tentò anch’egli di uccidersi subito colla stessa arma, ma pur esso rimase leggermente ferito e si diede alla fuga. Il 6 gennaio 1920 la Giacomini moriva in modo naturale della sua etisia; ma prima di spirare disse che perdonava l’atto folle al fidanzato. Alle Assisie di Vercelli, nel maggio 1920, il Brignoli trovava benevolo il Giurì che, dopo la eloquente difesa dell’on. avvocato Caron, votò per la tesi assolutiva della involontarietà [?] dell’atto delittuoso dovuto a