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a disperazione da malattia incurabile; l’altro, del 1816, relativo a certo Lefloch, che aveva ucciso un amico dietro l’espressa sua richiesta e per sola compassione. La Lemillier aveva, dunque, semplicemente aiutato il suicidio di un infermo, ma venne egualmente punita; il Lefloch fu per giunta ritenuto colpevole di omicidio e condannato a morte.

Non conosco esempi più recenti, nei quali almeno siano intervenuti la Magistratura o il Giurì; forse quella per ragioni puramente giuridiche condannerebbe anche adesso, sebbene in forma più mite; e forse i giurati assolverebbero o concederebbero tutte le attenuanti, o anche opinerebbero in Italia per una “infermità di mente„ (secondo l’uso invalso, dopo la promulgazione del nuovo Codice di procedura penale, di ammetterla, pur senza intervento dei periti e per sola suggestione della Difesa!), giacchè i così detti giudici popolari si lasciano dominare preferibilmente da motivi sentimentali. Quando l’assoluzione dell’uccisore pietoso diventasse generale, segno sarebbe che la Legislazione al riguardo dovrebbe essere modificata: e si avrebbe il trionfo pratico del principio finora astratto della eutanasia. Ma su questo possibile avvenire del problema tornerò più avanti.

Non meno contraria è generalmente, fino ad ora, la Medicina ufficiale, sebbene anche fra i medici la tesi abbia trovato qualche raro propugnatore. Fra i medici francesi, al