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cipî di generosità di cui faceva pompa la cavalleria feudale; almeno io non ho trovato notizia di uccisioni liberatrici prima dei tempi medievali, ed anche allora ben raramente, lasciando nascere il dubbio che l’affrettare la fine dei vinti, mezzo dissanguati e gementi sul terreno della lotta, sia stato dettato il più delle volte dalla cupidigia del bottino sulla loro persona resa così incapace di qualsiasi resistenza.

Nel Medio-Evo si chiamavano “misericordie„ certi pugnali a lama corta ed in forma di foglia di lauro, oppure sottili ed affilatissimi, coi quali nei combattimenti collettivi o nei duelli dei “giudizii di Dio„ si minacciava l’avversario abbattuto affinchè si arrendesse o chiedesse “mercè„; ma il più spesso li si usava per finirlo, introducendoli per gli interstizi dell’armatura, sotto la gorgiera, quando il vinto era mortalmente ferito e la morte tardava a liberarlo dai suoi patimenti. In fondo, dato l’esito allora quasi sicuramente letale di ferite sia pur non gravi, a motivo delle facili infezioni e delle emorragie, perchè sui campi di battaglia o negli agoni non esisteva alcun servizio medico valevole a strappare i soccombenti al loro destino, il nome di quelle armi di uso estremo era ben trovato. Tutti coloro che hanno avuto occasione di attraversare un terreno ove sia avvenuto un combattimento, odono con ribrezzo molti dei morenti chiedere che “per misericordia„ li si liberi dalle