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in acqua per affogare, o si è stretto un laccio al collo per soffocare, o si è cacciata una pallottola nel corpo senza lesione degli organi essenziali; quasi nessuno di quegli scampati, che pur vedeva nella morte l’unico sollievo ai proprii mali o il solo refrigerio alle sue angoscie morali, riprende il tentativo, anzi spesso si riattacca alla vita con più calore. Che se il suicida salvato reitera il suo tentativo, l’opinione comune ne mette generalmente in quarantena la sanità mentale o ne giudica necessario l’internamento in un Manicomio o in una Casa di salute.

Certo, molti, pensando alla possibilità di cadere in malattie assai dolorose, inguaribili, croniche, repugnanti, esprimono a sangue freddo ai loro famigliari l’idea di venire in allora soppressi; e il Régnault, ricordando il principio morale “Agisci verso gli altri come Tu vorresti che essi agissero verso di Te„, ne trae la conseguenza filosofica ed etica che sarebbe umano soddisfare poi a suo tempo quel desiderio. Precisamente come quando si rifiutano fiori e discorsi ad una salma “per desiderio espresso del defunto„! Ma siamo noi sicuri che chi ha manifestato in via astratta e trovandosi in piena salute quel desiderio, sarebbe poi coerente a sè stesso nel momento opportuno? Quanti pentimenti non vediamo noi avvenire anche nei caratteri più risoluti e più fermi! Tutto al più, quando uno sta per suicidarsi, si può discutere se si abbia il diritto o dovere di impedirglielo,