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essa si sviluppi: forse troverà anche i mezzi, se non di rifare in noi la giovinezza leggendaria di Faust e neanco di confermare le illusorie resurrezioni genesiche di Voronoff e di Steinach, almeno di salvarci negli anni estremi dalle ora inevitabili e talvolta ripulsive, ma sempre compassionevoli decadenze della decrepitezza.

La medesima taccia di “inutilità„ o, per dirla schietta, di parassitismo sociale scagliata contro i dementi cronici, non distrugge il fatto che la massima parte di essi arrivò alla “morte spirituale„, dopo avere per più o men lungo tempo adempiuto il suo còmpito personale in seno alla famiglia o nel consorzio civile.

Lasciando pure in disparte pel momento la colpa che spetta alla collettività per tutte quelle cause predisponenti che portarono ciascuno di quei soggetti al disordine ed al naufragio mentale, — quali sarebbero l’eredità patologica, le condizioni di vita sociale, le professioni spesso forzatamente esercitate per legge di divisione del lavoro, l’urbanesimo, le malattie contagiose, l’eccessiva libertà dei matrimoni, i fanatismi e dissensi religiosi e politici, la miseria e la disoccupazione, le cupidigie altrui, ecc. — la collettività non può scaricarsi sull’individuo della propria respon-