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plicazioni in tutti i campi, si discusse a lungo ed ampiamente sulla “utilità„ delle specie animali e vegetali, nonchè dei loro caratteri particolari in vista della selezione naturale e dell’adattamento. Ma i biologi sono ormai convinti che la pretesa di giudicare “utile„ od “inutile„ una data forma vivente o un dato carattere, è non solo filosoficamente, ma anche scientificamente assurda. Che sappiamo noi dei “fini„ di Natura? Quando una specie sussiste e dura per molte generazioni (alcune delle specie che si considererebbero da qualcuno inutili, massime fra gli Invertebrati infimi, fra i Protisti, durano da milioni di anni e si sono conservate tali e quali attraverso la immensa lunghezza delle età geologiche), segno è che il fatto risponde ad una legge di Natura; quella specie è un anello necessario nella catena degli esseri, una testimonianza della perennità della Vita.

Eppure, sulla utilità delle specie si espressero in ogni tempo giudizi erronei perchè inspirati a criteri antropomorfici. L’Uomo è indotto a ritenere che, ad esempio, i microbii che per lui sono patogeni, gli animali ciechi delle per lui inaccessibili profondità pelagiche, gli insetti dannosi alla sua salute o fastidiosi per la sua quiete, i vermi che vivono da parassiti nei suoi visceri, le belve delle foreste che lo azzannano, siano esseri superflui, non solo, ma decisamente inutili nell’economia naturale. E gli uomini delle razze incivilite o che si credon tali, hanno