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sconosciuta, e ai quali sarebbe imprudente applicare il principio della “buona morte„.

E in quanto agli infermi di mente, ripensando che oltre ai tormentosissimi stati di melancolia ansiosa e di delirio persecutorio con intense allucinazioni cenestesiche e sensoriali, dove l’Eutanasia avrebbe scopo definitivamente “analgesico„, essa si dovrebbe estendere a scopo utilitario su tutti gli individui colpiti da apsichia congenita o caduti in annichilamento demenziale, io chieggo quale sarebbe in tali casi la posizione della Psichiatria clinica; ha dessa dati infallibili per dichiarare “inguaribili„ tutte le vesanie passate apparentemente a cronicità? Per nulla affatto! Anche qui, è vero, la stragrande maggioranza dei casi di pazzia prolungantesi per anni e decenni non lascia l’alienista perplesso: ad una data fase della sua evoluzione la demenza diventa irrimediabile, massime nelle forme precoci, senili, arteriosclerotiche, paralitiche, encefalomalaciche, epilettiche, ed anche nella maggioranza delle alcooliche e amenziali. Tuttavia, non si deve dimenticare il fatto che certi alienati cronici, ritenuti ormai perduti per la Società, poterono ristabilirsi almeno in parte delle loro facoltà mentali.

Anni fa, questo tema delle “guarigioni tardive„ della pazzia fu lungamente discusso, e vi portarono un notevole contributo alcuni dei nostri alienisti più provetti; oggi ancora qualsiasi psichiatra potrebbe arricchirne l’e-