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condizione di cose, o per assoluta incoscienza apportata dal male (quali i tifosi, i cerebropatici), o per indebolimento psichico (quali i vecchi dementi, i rammolliti); a tutti costoro l’eutanasia sarebbe procurata colla procedura ufficiale, ossia con autorizzazione superiore e previo consenso delle famiglie. Ma vi sono infine gli incurabili lucidi ed orientati, che però ignorano la propria condizione, e magari si illudono (come avviene dei tubercolosi in fase disperata); per costoro si pone una domanda: si dovranno essi avvertire della cruda realtà? No, pensano gli eutanatisti, quando il loro stato non è accompagnato da dolori, poichè sopprimerli in tali condizioni sarebbe un tradimento e un delitto. Sì, ogni qualvolta la malattia arreca intollerabili patimenti; poichè in tal caso loro si addolcirebbe almeno l’esito fatale, portandoli insensibilmente al trapasso col mezzo di lenitivi e di stupefacenti dopo averne avuto il permesso.

Una prima obiezione deriva qui dall’equivoco con cui in genere si confonde la “inguaribilità„ con la “incurabilità„ delle malattie. Anzi tutto, in un dato periodo storico della Medicina un male può non offrire speranza alcuna di benigna risoluzione, figurare, per comune esperienza, fra quelli che “non perdonano„, eppur tuttavia diventare di poi debellabile coi progressi della Terapia.

Dal lato medico debbono lasciarci perplessi ma ad un tempo sodisfatti, le ammirabili con-