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meno ogni giustificazione della fine immaturamente procurata, che si fondasse sulla pietà per le immaginate loro sofferenze; e d’altra parte, quella impressionante condizione morbosa fuoresce in realtà dal campo psichiatrico, e rientra in quello della medicina generale: voglio dire che non si somministrerebbe la morte al demente paralitico in quanto creatura umana non solo offesa nel bene dell’intelletto, ma in quanto creatura vivente in via di disorganizzazione materiale. Ciò dimostra, a parer mio, che il criterio psicologico della “demenza„ (la stessa cosa va detta dell’idiotismo), viene sostituito da quello sociologico della “inutilità„.

Ma ben più compromettente sarà la situazione dei Commissarî alienisti di fronte a semplici dementi, dato che il verdetto eutanatistico dovesse colpire gli alienati passati a stato cronico e considerati come irrepugnabilmente perduti. Ora, converrà che si tenga conto di un fatto giustamente rilevato da Tanzi e Lugaro nel loro bellissimo Trattato delle Malattie mentali (3ª ediz., 1923, vol. I, p. 649), che in Psichiatria, come negli altri campi della Patologia, “esiti immancabili non ve ne sono, tranne quelli dei processi morbosi per loro natura rigorosamente progressivi e che debbono, o prima o poi, travolgere senza misericordia organi e funzioni vitali„. E ciò specialmente nelle psicosi dette funzionali, alle quali assai difficilmente e sempre con risultato infido si applicherebbe