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Saint-Hilaire; il primo parlando a nome della scuola classica ed ortodossa in favore della immutabilità e fissità delle specie, il secondo a nome del libero pensiero e a difesa del Lamarck in appoggio alla dottrina della loro variabilità e trasformazione. Quella lotta titanica, in cui erano impegnate le sorti di tutta la filosofia, aveva occupato l’Europa scientifica; e si sa che il Goethe, sebbene ottuagenario, si era commosso assai più alla lettura dei discorsi dei due celebri accademici che alla notizia delle prime avvisaglie della rivoluzione del luglio. Dal 22 febbraio al 19 luglio del 1830 le sale sempre serene e pacate dell’Istituto francese avevano assistito al nuovo spettacolo d’una discussione accanita, talora anche troppo accalorata, tra i rappresentanti delle due scuole. Il Geoffroy-Saint-Hilaire, riprendendo le tradizioni del Lamarck, e difendendo risolutamente la teoria dell’evoluzione naturale, affermava la variabilità delle specie, la loro origine comune da uno stipite unico, l’unità dell’organizzazione ossia l’unità del piano di struttura di tutto il regno animale. Il Cuvier invece, cui era dovuta in gran parte l’ortodossa ipotesi delle rivoluzioni del globo, negava codesta unità di piano e sosteneva il concetto teleologico e dualistico della natura, l’invariabilità delle specie, e la creazione indipendente di tutte le forme animali e vegetali. La vittoria fu allora guadagnata dall’ortodossismo e parve fosse il trionfo della scienza seria sulla scienza di immaginazione: ma chi vinse fu soltanto il più gretto empirismo, giacché se riesciva in quei tempi difficile al Geoffroy di recare le prove minute del concetto sintetico e per dir così storico che domina nel trasformismo, era altrettanto facile al Cuvier di citare numerosi fatti di osservazione empirica, nei quali pare oggi ai naturalisti superficiali, e pareva anche più allora, provata la fissità della specie. E per trenta anni, cioè fino alla pubblicazione del libro del Darwin sull’origine delle specie, la scienza fu, come ben nota l’Haeckel, condannata al metodo puramente empirico, ed in quanto alle scienze naturali, alla sistematica classificazione delle forme.

Noi non sappiamo se il Darwin partisse d’Europa con opinioni ben ferme intorno all’origine delle specie, o per dir meglio intorno alle cause delle differenze caratteristiche fra i varii gruppi di esseri viventi. Pochi giorni prima di morire egli scriveva allo Zacharias, direttore del Gegenwart, una lettera in cui narrava che nell’intraprendere il suo viaggio credeva ancora all’unità della