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con notevole vantaggio nella lotta per l’esistenza sopra le piante dotate di tronchi massicci e di rami pesanti. Questo vantaggio spiega la frequenza delle piante rampicanti in tutte le regioni della terra; ma, quel che è più, esso è acquistato e mantenuto per mezzo di speciali movimenti che la pianta esegue nell’arrampicarsi a seconda dei suoi bisogni, e per mezzo d’una particolare sensibilità di alcuni dati organi (rami, pezioli, peduncoli), i quali essendo sensibili al tocco si piegano verso la parte toccata e producono così la disposizione tutta speciale delle piante rampicanti. Ora queste scoperte scientifiche, anche prescindendo dall’immenso loro valore per rispetto all’evoluzionismo, distruggevano intieramente le osservazioni grossolane e le spiegazioni ipotetiche di tutti i botanici precedenti; rivelavano l’esistenza di organi, di strutture e di funzioni non mai immaginate per l’innanzi; arricchivano di leggi nuove la biologia, infine aprivano l’adito a inaspettate applicazioni pratiche. È utile rammentare per chi nol sapesse, e a confutazione degli avversarii del darwinismo, che le scoperte del Darwin sulle piante rampicanti attrassero ben tosto l’attenzione degli orticoltori ed agricoltori pratici, i quali poterono conoscere nella scarsità d’alcuni raccolti l’effetto delle leggi rivelate dal naturalista inglese. Così la scienza teorica giova di continuo ai progressi della civiltà umana, aumentando il benessere dei popoli civili; e altrettanto fu utile la teoria dell’evoluzione all’economia rurale, come lo furono alla industria le indagini elettriche del Faraday.

Durante dieci anni, cioè fino al 1875, il Darwin non pubblicò alcuna memoria esclusiva di biologia vegetale; ma egli continuò sempre le sue indagini ed esperienze botaniche fino agli ultimi giorni della sua vita, ed anche nel redigere le opere più generali relative all’evoluzionismo di cui parlerò fra poco, non tralasciò mai d’occuparsi dei suoi studi di predilezione. Nel 1875 un nuovo libro sulle Piante insettivore (Insectivorus Plants) veniva a distruggere per sempre un altro dogma della vecchia biologia: che cioè la digestione delle sostanze organiche per mezzo di succhi preparati dall’individuo vivente fosse propria solo degli animali. I naturalisti conoscevano l’esistenza di piante, le cui foglie a contatto di qualche corpo straniero, per esempio d’un insetto, si contraevano e lo imprigionavano fra i loro peli per qualche tempo, finché fosse avvenuta la sua morte: tali alcune specie di Droseracee, come la Dionea, la Sarracenia, la Dar-