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mondo scientifico con uno scoppio quasi generale d’indignazione e di orrore. Soltanto pochi furono i naturalisti che sin d’allora ne riconobbero la grande superiorità su tutte le teorie precedentemente emesse intorno al problema dell’origine naturale delle specie: pochissimi poi coloro che ebbero il coraggio di accettarla e di farsene propugnatori. La storia delle lotte e delle fasi che ha dovuto subire la teoria darwiniana varrebbe a dimostrare nel modo più evidente tutti gli errori, le illusioni, le contraddizioni, dirò dippiù, tutte le temerità e le menzogne di che può essere capace lo spirito umano; ma il tempo di scrivere codesta storia non è forse ancora giunto, ed io voglio qui mettere in rilievo questo fatto solo: che la rapidità colla quale si è operato di fronte alla teoria evoluzionistica un cangiamento così profondo dell’opinione pubblica come quello degli ultimi quindici anni, basterebbe da sola a contrassegnare la nostra epoca fra le più grandi attraversate dal pensiero umano nel suo cammino progressivo. Nel 1868 la lotta fra darwinisti ed antidarwinisti era più accesa che mai e pareva pendere ancora a favore di questi ultimi, persino nei paesi ove si parlava la lingua materna di Carlo Darwin. L’Athenaeun inglese proclamava che oramai la teoria del Darwin era una cosa del passato, e che l’appoggio accordatole da alcuni naturalisti andava dileguandosi. E il Crawfurd al Congresso antropologico di Londra faceva smascellare dalle risa la dotta assemblea, mettendole avanti agli occhi, a proposito della origine scimiana dell’uomo, il quadretto umoristico degli asini che vogliono diventare cavalli e dei majali che desiderano trasformarsi in elefanti. In America l’Agassiz, il campione più risoluto dell’ortodossismo, il continuatore delle tradizioni cuvieriane, l’inventore della teoria eclettica, un po’ cristiana un po’ pagana, dei centri di creazione, e ad onta di ciò uno dei più grandi naturalisti ed osservatori del secolo, scriveva ancora articoli serii sulla Contemplazione di Dio (nel «Kosmos christian Examiner» 4a serie, vol. XV) e sosteneva che la battaglia già vinta nel campo della metafisica doveva trasportarsi e vincersi anche nel terreno della scienza fisica. Nell’Europa continentale il darwinismo non era meno osteggiato sebbene già in Germania ed in Italia un certo numero di naturalisti e di critici si fosse schierato nelle ancora scarse fila dei sostenitori dell’evoluzionismo, e mi basterà citare i nomi rispettabili di De Filippi (1865), Trezza (1865), Canestrini (1865), Del-