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e non riescono a trovare il giusto rilievo all’interno del dicastero dei Beni culturali, che con le poche risorse a disposizione privilegia gli aspetti museali e turistici della cultura rispetto a quelli sociali e identitari. L’Archivio di Stato di Roma, dopo un ventennio di tensioni pseudo-federalistiche in cui veniva continuamente messo in discussione il ruolo della capitale (negli Stati federali per ovvi motivi si dovrebbero invece rafforzare le istituzioni centrali), si trova con poche risorse ed energie inadeguate ad affrontare i compiti speciali che gravano sull’Istituto di una città in cui coesistono due Stati: l’Italia e la Santa Sede. Il caso delle carte del Tribunale di Roma è esemplare, perché da esse è evidente che la documentazione degli organi giudiziari romani ha valenza internazionale. La questione va affrontata in modo deciso perché c’è bisogno di luoghi adeguati per conservare il recente passato. A Sant’Ivo alla Sapienza — la sede centrale dell’Archivio di Stato di Roma — sono infatti conservate le carte dello Stato pontificio e nella sede succursale, lontana dalle università e dagli altri istituti culturali, sono rimasti pochi metri lineari ancora disponibili per la documentazione contemporanea. Non basta, come s’è detto, fornire la rete di nuovi dati, di nuove fonti da consultare direttamente nel proprio studiolo, bisogna continuare a confrontarsi, riprendere il gusto del dibattito, sapere che la Repubblica riserva ai cittadini anche questo diritto: avere uno spazio comune, una casa a tutti aperta dove studiare la propria storia e formare liberamente le proprie opinioni.


Eugenio Lo Sardo
Direttore dell’Archivio di Stato di Roma