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— Peccato, la politica è grande!
— E meschina.
— Secondo; dov’è andata la tua ambizione, Gastone?
— L’ho perduta, e tu ne hai?
— Io molto.
— Da quando?
— L’ho sempre avuta, non te n’eri accorto?
— No, mai.
— Strano. Di’ fatti portare candidato.
— Oh! è troppo tardi, non mi conoscono più.
— Bah! il tuo partito era convinto, disse Diana arrossendo della menzogna.
— Credi? rispose Gastone, riafferrato improvvisamente dalla vanità.
— Ne sono sicura, eppoi... via, Gastone, siamo molto ricchi.
— Hai ragione, hai ragione, tu m’aiuteresti?
— T’aiuterei.
— Grazie.
Gastone era ricaduto d’un colpo nel suo antico sogno; era bastata la lieve spinta di sua moglie, a risvegliare tutte le sue ambizioni assopite. Quell’uomo fatuo si vedeva già nell’aula protetto dallo splendore degli uomini d’ingegno, rimarcato per la sua correttezza elegante da diplomatico, che copriva così bene la vuotezza del suo cervello, rimarcato per la bellezza di sua moglie che lo irradiava un poco di sua luce.
Stette un momento in silenzio, poi:
— Sai, Diana, quando avrò tante medaglie da farsi una collana mi ritiro dalla vita politica,