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— Diana, guardatemi.
— Vi vedo, Attilio, vi sento, rispose lei, piano, voltando appena la testa.
— Sapete, Diana dolcissima, io devo lasciarvi, devo partire:
— Voi? e perchè?
— Vado a Roma.
Lei diede un balzo, impallidendo improvvisamente colle mani tremanti, e gli occhi sbarrati per l’angoscia:
— A Roma anche voi! tutto dunque, tutto sarà amarezza nella mia vita?
Tacque un momento soffocando le lagrime, soffocando il singhiozzo, poi si volse a Attilio, gli porse la mano e disse pianissimo:
— Grazie.
Oh! no, no, non ringraziatemi, non posso, non voglio lasciarti Diana, vado a Roma, ma tu verrai in qualunque modo verrai.....
— Duca siete pazzo, tacete.....
— No, non sono pazzo, lo ero allora quando ti lasciai, ora è troppo tardi; perchè mi avete perdonato? dovevate scacciarmi.
— Io perdono, ma non dimentico. Attilio per me non potete, non dovete essere quello d’allora.....
— Menzogna, menzogna, tu mi hai perdonato ed hai scordato, mi ami troppo per lasciarmi.
— Non è vero, non è vero, mormorò Diana ansando sfinita, accasciata dalla lotta, impotente a mentire, sopraffatta dalla sua debolezza di donna innamorata, incapace di spezzare eroicamente il suo amore.