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Raul esitò un mezzo minuto a rispondere, gli occhi troppo grandi e troppo profondi di lei lo turbavano:

— Di Costanza, certo, marchesa.

— Fortunato voi che conoscete l’amore..... la voce della Malaspina ora fremeva.

Tacquero un momento; Elena aveva allentato le redini, e teneva le mani incrociate, la testa china, come stanca improvvisamente. Camminavano adagio sul ciglio della strada proprio sull’erba molle. Il muro di cinta di casa Santelmo si prolungava, loro lo rasentavano.

— Quanti fiori calpestiamo, Raul, disse lei ad un tratto.

— Ne nasceranno degli altri, marchesa, rispose Raul che adesso pensava a Costanza.

— Ma questi saranno morti! ribattè Elena con abbandono.

— Forse non ve n’erano neppure, marchesa, tranquillatevi.

— Siete scettico, Raul, peccato!

— Peccato, perchè?

— Perchè.


I cavalli di Diana e di Attilio si sfioravano, lei assorta, guardava lontano, giù in fondo all’orizzonte roseo, col petto che ansava lievemente; lui pallidissimo, cogli occhi larghi, intensi, l’inversiva d’un lungo, dolcissimo sguardo d’amore. Era uno scambio muto di pensieri, d’affetti, di deliri, fra quelle due creature, era l’intensa e secreta forza della loro passione soffocata, che si svolgeva lenta, potente.