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dinanzi. Le loro mani avvinte si stringevano convulsamente, comunicandosi un fluido vivissimo d’amore. Diana vedeva l’abisso e ne scandagliava i recessi con una voluttà morbosa. Lo attraversava colla sicurezza malferma del funambolo, schivando la perdizione, ma gettandosi spensieratamente nel pericolo grande.
Attilio continuava, sempre più infervorandosi, colla voce rotta, appassionata: Vedete laggiù quel grande ammasso nero? sono i colli, là v’è San Miniato, là vi è la pace, l’oblío.
— Oh! i morti, disse Diana lievissimamente, i morti sono lieti, essi riposano all’ombra, essi pensano, essi pregano.
I pensieri, dei morti sono soavi come le viole che nascono sulle tombe, io invidio i morti, Attilio, invidio la calma, l’oblío, il nulla.
— Tutto è fumo, anche la vita, l’avete detto voi, Diana.....
— Il perdono no, Attilio.....
— Oh! come vi ringrazio......
Diana entrò nella sala.
La Torre parlava allora vivamente con Gastone di Spa, mentre Elena s’abbandonava con tutta la potenza della sua bella voce in una romanza di Rotoli:
..... Deh! fammi coi tuoi baci, |
Gastone sussultò, Elena lo trascinava, dovunque fosse lo incatenava con quel fascino misterioso, delirante della donna di spirito che vuole