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vedeva di lei che il colino della pettinatura, che di tanto in tanto scompariva quando abbassava la testa, Gastone doveva esserle vicino, ma non si vedeva.
Tutti e due sopraffatti dall’ombra, dal silenzio, dall’amore tremavano. Attilio aveva posato la mano sul largo parapetto di marmo, molto vicino a quella di Diana; istintivamente parlavano pianissimo, uu susurro indistinto.....
— Quanto tempo, Diana, quante cose, quanta vita precipitata nel nulla, senza uno scopo, senza una meta, con un rimpianto assiduo, straziante, un desiderio vivissimo, solo, unico, il vostro..... il tuo perdono.
Ditemi che mi avete perdonato, ditemi che la vostra vita chiassosa, spensierata, non affogò il ricordo del vostro amico, di Attilio, di lui che amavate tanto, che vi adorava e che impazzì un momento pagando così cara la sua aberrazione, parlate Diana. Oh! i vostri capelli che consumai a furia di baci, laggiù nel Giappone, quando voi bella, ricca, invidiata, attraversavate il mondo, spargendo attorno a voi tanti desideri, tante passioni, tante ammirazioni devote; oh! Diana, Diana, come ho sofferto, lasciate che ve lo dica, lo so è un insulto la mia povera, schietta dichiarazione, voi che siete buona perdonatemi, tante cose avete a perdonarmi.....
La contessa ebbra, dimentica, accarezzata da quelle parole ardenti, da quell’alito caldo che le sfiorava i capelli, sorrideva, sorrideva intensamente come se un lembo di Paradiso le si fosse aperto
Morbosità. | 6 |