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CAPO VI.

Si sentiva la voce della contessa Diana di Spa che parlava nella camera da pranzo, andando, venendo, dando gli ordini netti, precisi, colla sua bella voce insinuante, senza durezza, ma che non ammetteva replica.

— Suonerete alle sei precise, vi raccomando il pesce, è il piatto prediletto della marchesa.

— Com’è buona vostra moglie! disse Elena a Gastone, poi si abbandonò un poco sul divano, mandando piccole boccate di fumo dalla sigaretta.

Se ne stavano tutti e due vicino nella sala attigua, Gastone sulla fumeuse ricamata da sua moglie, molto tempo prima, da fidanzati; Elena sdraiata sul divano bassissimo di cuoio russo.

Negli angoli crescevano rigogliose quattro piante di tabacco, un contrabbando aristocratico di molto buon gusto, Elena stendeva il piedino fuori dell’abito, Gastone la guardava intensamente, provando certi slanci d’amore che gli annebbiavano il cervello, come il fumo del sigaro gli annebbiava gli occhi; la guardava attraverso a quel vapore grigiastro, bella, giovane nel succinto abito di lana che la modellava, coi capelli un po’ cadenti sul collo, gli occhi grandi, languidi, vo-