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pallida della donna bellissima si riposava in una immobilità di statua, senza un angolo delle labbra piegato lievemente al sorriso, senza un bagliore negli occhi grandi e profondi, senza l’ombra del pensiero su quella fronte.

Non si vedeva a pensare.

Accanto a lei la baronessa Torre animata, quasi bella, sotto il cappellino di paglia d’oro, stretta nel busto di étamine nera, con una pioggia di merletti sul petto meschino che la completavano, eretta sulla vita piccolissima di serpentello.

La marchesina Gisanti, la nemica della principessa russa, tutta accesa dal desiderio di nuocere, col veleno sulle labbra, pronta al sarcasmo sanguinante, se ne stava in mezzo al divano lungo, tutta pallida coll’aria triste e patita di fanciulla vecchia.

Poi la marchesa Castellaccio una bellezza bionda, ma ardente, dai grandi occhi glauchi che facevano girare tante teste e battere tanti cuori; se ne stava tranquilla conscia della sua bellezza, sorridendo vagamente a tutti, a tutto, sempre.

Gettava delle frasi brevi, incisive, rovinava un’amica con una reticenza, un sorriso, ripetendo in certo modo una supposizione, poi rimaneva calma, a raccogliere le risatine delle uditrici, come se nulla fosse.

Elena entrò dopo, vestita d’una maglia di seta rossa, sanguigna, che le calzava giustamente il busto bellissimo, perfetto, i capelli rialzati che scoprivano la nuca bianca, delicata, la gonnella