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CAPO V.
Parlavano tutte insieme, soverchiandosi, interrompendosi vivacemente, mozzando le frasi con motti arguti, osservazioni fine, intime, crudelmente spiritose. In quel salotto azzurro di raso trapunto, troppo grande per essere uno spogliatoio, in quel lieve ambiente di veloutine, il sole entrava a stento fra i cortinaggi doppi di tullo e di seta, e si andava a posare sopra un mobile piccolo di legno biondo, ombreggiandolo lievemente d’azzurro, facendo luccicare un poco le placche d’argento delle serrature, dando all’aria una nebulosità di cielo, ed una profonda, acre voluttà terrena.
Diana era sdrajata mollemente in un angolo, sopra una dormeuse bassa, elastica, arrovesciata all’indietro in una ricchezza di panneggiamenti; un piccolo nido ricco, fatto per uno solo, e creato apposta per starvi in due, vicini, sognanti, innamorati.
Lei era tutta sola in una vestaglia di merletti d’un giallo antico, uno di quegli abiti lunghi, larghi, fluttuanti, che celano le forme castamente, rivelandole a tratti d’improvviso, con una provocazione velata, irritante. La faccia
Morbosità. | 5 |