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di sciocchezze, e non vi parlerò d’amore, se mi date dei fiori li lascierò appassire in un bicchiere, non sul cuore.
.... Tacque. Nella brutalità del suo discorso v’era una tinta d’amarezza che cercava tutte le fibre del conte. Nella mente esaltata di lui quel carattere si addolciva, le asperità di quelle parole grossolanamente vere, prendevano la forma d’uno sconforto interessante, l’ostacolo lo stimolava, lo instigava; quell’uomo abituato a scoprire le più basse, le supreme menzogne dell’amore, non voleva credere, non voleva vedere quel carattere che si rivelava con tanta verità nell’essenza, ma con tanto artifizio, tanto apparato di seduzione, di sconforto, di rimpianto verso il bello che negava.
Elena stette zitta a lungo, colla fronte corrugata leggermente sotto l’azione del pensiero che ferveva insistente, assiduo, morboso. Farsi amare sempre da chiunque, da tutti, soddisfare quella vanità che la divorava, accarezzare quell’orgoglio che l’ardeva, regnare bella, superba, invidiata, sempre.
— Gastone avete amata molto Adriana, quella ballerina della Pergola? chiese ad un tratto, senza guardarlo.
— No.
— Menzogna.
— No.
— Perchè negate adesso quell’amore che allora giuravate eterno? è una bassezza ed un’ingratitudine.