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Non avrebbe scosso le sue fibre d’uomo ammalato di noja, non gli avrebbe dato l’ebbrezza del proibito, dello strano, dell’avventuroso.
In questi tardi sogni di fanciullo ventenne, che venivano a stuzzicare potentemente l’uomo di trentacinque anni, vissuto e sciupato, una figura appariva insistente, assidua, morbosa; Elena.
Quella donna bellissima, fredda, vana, che non sentiva l’amore, che non lo intendeva, che lo accettava senza discuterlo; quella donna a cui il mondo concedeva tutto, senza chiedere nulla, aveva sconvolto la mente ed il cuore, di Gastone di Spa.
Egli vedeva colla coda degli occhi il gruppo bianco formato dalle due donne, ma non si voltava per indolenza, per timidezza, per una stravagante soggezione d’innamorato, e non poteva distinguere a quella distanza, e così di traverso, se quello che vedeva era l’abito salie di sua moglie, o quello di mussola di donna Elena. - Le due amiche continuavano a chiacchierare placidamente, lentamente; Elena faceva una domanda, a cui Diana rispondeva piano, macchinalmente, sempre continuando a lavorare, e senza interrompere il filo intimo dei suoi pensieri.
— Guarda, Diana, Firenze laggiù nel pulviscolo d’oro, così grande e bianca, sembra il mare.
— Con un po’ di fantasia, cara.
— Giusto, tutte le cose vanno ornate dalla fantasia, almeno un poco per parer belle.
Non senti la mancanza del mare, tu abituata a Napoli?