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CAPO III.
La marchesa Elena Malaspina versava tranquillamente il the dal cogomo d’argento, colla sua bella grazia di donnina elegante, tutte curve gentili, colle maniche cortissime ornate di merletti neri che facevano spiccare la mano piccola, bianca, ingemmata. Diana era in un angolo, accanto al duca San Pietro. Quei due non si parlavano, che a monosillabi, raramente, guardandosi invece con una intensità profonda ed appassionata, rievocando il passato con un sorriso cancellato appena comparso, per convenienza, con una parola susurrata, due sguardi che s’incontravano baciandosi per via. Attilio da quella prima sera in cui l’avea rivista in casa della marchesa, non aveva più osato dirle apertamente che l’amava ora davvero, più di prima, con una passione profonda, acre, morbosa; che sentiva di diventar debole, piccino accanto a lei che l’aveva soggiogato. Non diceva nulla, e Diana capiva tutto e si abbandonava sognando all’ebbrezza divina di sentirsi amata e di amare.
Miriadi di fantasmi bianchi e soavi le passavano dinanzi in quei momenti di obblío, e le danzavano avanti agli occhi con cadenze gentili, intrecciandosi vagamente, formando un grande