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col ricamo in mano, ove tutti i mobili, i gingilli delle caminiere, parevano conoscerla e volerle bene, provava una stupefazione dolorosa, causata anche un poco dalla fatica del trasloco e del viaggio.

Sul tavolino invece del solito libro nuovo che suo marito aveva la cortesia di procurarle, vi era l’antiartistico, il borghese orario delle ferrovie volgare nella sua copertina gialla, ineducato nelle sue fitte linee di nomi, che pare sempre voglia mandarmi via: da Torino a Firenze, da Firenze a Roma, da Roma a Napoli, e così di seguito tanto da dar le vertigini della corsa a solo pensarvi, s’era affacciata all’ampio balcone di pietra, ma si era ritirata subito stordita dalla folla che schiamazzava; dall’interno della camera si vedeva in lontananza fra lo cortine un’insegna dorata d'un magazzino sulla piazza in faccia, con nome strano che non aveva mai udito, e che l’irritava. Era ansiosa che suo marito ritornasse, ma non osava uscir dalle stanze e farsi vedere dai servi sulla scala ad aspettare.

Attendeva tanto suo marito, perchè si sentiva troppo sola, le cameriere dell’albergo le davano una specie di soggezione noiosa, poi parlavano troppo e la stordivano colla loro aspirazione toscana.

Non s’era portata seco la servitù, voleva far casa nuova; anche i cavalli erano rimasti a Napoli.

Il giorno tramontava © Diana sentiva uno stringimento al cuore, pensando a sua madre che aveva