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col ventaglio mezzo aperto fra le mani che lo stringevano debolmente, restando così in quell’abbandono più bella, più splendida che nella vivacità chiassosa della danza. La sua vittoria era completa, piena e dolcissima, ed ella la assaporava voluttuosamente.
Raul le era caduto ai piedi, le aveva dato tutto il suo amore, le aveva offerto tutto il suo avvenire, il suo nome; Raul era suo. Quel grande, superbo, innamorato Raul!
Gastone guardava fuori l’alba rosea, colle mani convulse che si stringevano contorcendosi, col cuore che si rompeva sotto lo sparato lucido della camicia, sotto la gardenia che gli aveva puntato Elena prima del ballo, scherzando; col cervello che scoppiava sotto i capelli neri, lucidi, un po’ radi.
Stettero così un momento, assorti, muti, poi Diana si mosse.
Gastone venne accanto ad Elena, la guardò un momento, con una infinita espressione d’odio e di sprezzo.
— Pensate a che cosa, donna Elena?
— A nulla.
— Pensate al marchese vostro marito ch’è morto lontano da voi, chiamandovi, desiderandovi e che non ebbe il conforto di abbracciare la vostra splendida e fredda persona?
— Come siete duro, conte!
— Pensate al vostro passato, alla lunga via che avete percorso, inciampando ad ogni passo,