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giava enorme, pesante, schiacciante colla sua mole che da qualunque punto si vedeva.
— Elena, gridò Gastone, fermandosi dinanzi a lei, perchè mi hai chiamato, che cosa pensi, che cosa guardi laggiù?
— Nulla.
A Gastone attraversò il cervello un pensiero brutto, le prese le mani ferocemente, stringendole:
— Parla, a che pensi, voglio saperlo, parla......
— Nulla, fece lei senza guardarlo.
— Bada, Elena, perchè mi chiami bada..... rimase fermo, fremendo di gelosia pazza per un rivale che intuiva.
— Gastone sei brutale, disse lei svincolando le mani rosse dalla stretta.
— No, ti amo, ecco, ti amo.
— Ancora? fece Elena ridendo ferocemente.
— Perdio! vedrai. E Gastone appoggiò la testa al tronco ruggendo come una belva.
Elena tremava un poco di paura, avrebbe voluto che Gastone l’amasse un po’ meno, avrebbe voluto liberarsi da una catena che gli aveva gettato scherzando ed aveva legato anche lei.
Non si perdette di coraggio, esitò un momento:
— Via, Gastone, sei ammalato oggi.
Lui si volse:
— Abusi, Elena.
— Del tuo amore? ma, no. È vero ciò che mi ha detto Diana che vuoi tornare a Montecitorio?
— È vero, non vuoi?