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disse ad un tratto, sorridendo beatamente, come un fanciullo stupido.

Lei non rispose, aveva le lagrime negli occhi, il rimorso di quella finzione, l’ebbrezza nel cuore di poter seguire Attilio.


Elena rideva tenendosi ai tronchi degli alberi, ai pali delle viti; l’erba asciutta, lucidissima le scivolava di sotto i piedi, non poteva più fare la salita di quella collinetta.

— Via, qualcheduno venga ad aiutarmi, disse fermandosi ad un tratto, fingendo di non poter più andare avanti.

Era bellissima così nascosta fra le viti folte, colle foglie di un mandorlo basso che le incorniciavano la testa, cogli occhi scintillanti d’un fuoco strano che pareva ebbrezza, le labbra umide, frementi. Gastone di Spa la guardava dall’alto, sentendo un rincrudimento di passione che lo faceva impazzire, desiderando follemente di prendere una manata di fiori e gettargliela, poi di correre a lei, di portarsela via, per quella strada difficile, scivolando, di sentirla dare dei piccoli gridi di terrore, che gli salivano al cervello mordendolo acremente.

— Venite dunque, Gastone, disse lei gettandogli la sua voce argentina.

E lui venne, scendendo adagio, sempre fissandola, strappando qualche fiore selvatico e buttandolo a lei, che non lo coglieva, che guardava distratta verso il palazzo Santelmo che biancheg-