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teologici, qui invece erano in maggior onore i profani; e mentre sorgeva poi nell’Università parigina la più celebre scuola di teologia, nelle Università italiane venivano massimamente in fiore la giurisprudenza e la medicina.1

Carlo Magno, che aveva avuto per maestro di latino un italiano, Pietro da Pisa; e che dalla nostra Parma aveva condotto con sè alla sua corte il dotto anglosassone Alcuino; e che aveva potuto vedere come in Lombardia, perfino ne’ villaggi, ci fossero scuole pubbliche, dove i parrochi insegnavano i primi rudimenti letterari;2 tentò di ridestare di là dalle Alpi il culto de’ buoni studi, raccomandandolo ai chierici con l’Encyelica de Litteris colendis dell’anno 787, e ordinando loro, col capitolare del 789 (§ 71), d’aprire in tutti i monasteri e gli episcòpi scuole di grammatica, di calcolo, di musica.3 Volendo poi dare, egli per primo, il buon esempio, fondò nel suo palazzo in Aquisgrana la così detta Scuola palatina, cioè una specie d’accademia, della quale faceva parte egli stesso, i suoi maestri, i suoi favoriti, i suoi figli e perfino le sue figlie. Ma il nobile tentativo, rispetto al laicato, attecchì in generale così poco, che nell’813 il Concilio di Magonza, convocato per ordine del medesimo Carlo Magno, nel canone XLV ordinava, che

  1. Crf. Giesebrecht, De litterarum studiis apud Italos primis medii aevi saeculis. Berolini, 1845.
  2. Ibid., pag. 7-8.
  3. Pertz, Monumenta Germaniae historica; Legum tom. I (Hannoverae, 1835); pag. 52-53 e 64-65.