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che il Ritmo della Laurenziana, pubblicato dal Bandini,1 e i ventidue Sermoni Gallo-italici, pubblicati dal Foerster2 e scritti in un linguaggio che ha qua e là forme francesi, ma il cui fondo appartiene all’Italia settentrionale.3
- ↑ Catalogus Codicum latinorum Bibliothecae Mediceae Laurentianae; tom. IV (Florentiae, 1777), col. 468-69.
- ↑ Nei Romanische Studien del Boehmer, vol. IV, fasc. 1 (Bonn, 1879).
- ↑ Della fine del secolo XII o del principio del XIII, è certamente anche l’iscrizione di un sarcofago del Camposanto di Pisa, pubblicata dal Ciampi (Op. cit., pag. 12-13), e che, secondo il confronto fattone per me con l’originale dal mio amico Alessandro D’Ancona, dice così: † Hore [ora] vai per via, pregando dell’anima mia: sicome tu se’, ego fui; sicus [sicum?] ego sum, tu dei essere. La data approssimativa si rileva da un’altra iscrizione che è sullo stesso sarcofago: † Biduinus maister fecit hanc tumbam m........nm Giratium; poiché, per altri documenti certi, si sa che questo maestro Biduino nel 1180 lavorò nella Chiesa di San Cassiano presso Pisa, e pare anche nel 1166 a Lucca. (Ciampi, loc. cit., e Notizie inedite della Sagrestia pistoiese ecc., Firenze, 1810, pag. 52.) — Il frammento invece, di ventotto versi, pubblicato nel 1758 dal Panelli, del carme che sarebbe stato scritto nel 1187, per l’entrata in Ascoli di Arrigo VI, da quel marchigiano, che poi col nome di frate Pacifico seguì san Francesco, a me non pare altro che una rozza falsificazione, cominciando dal titolo, il quale dice così: “In laude de Augusto Sennor Henrico Sexto Rege de Romane, filio de Domene..... Friderico Imperatore, qui sta in ista Civitate de Esculo con multo suo placere, et con multa gloria et triunpho de Civitate.„ Falso lo giudica anche il prof. Nazzareno Angeletti, nella sua tesi di laurea, che si conserva manoscritta nell’Archivio dell’Università romana. L’Angeletti
cit., pag. 41-50) e di Sebastiano Ciampi (Prefaz. ai Trattati morali di Albertano; Firenze, 1832; pag. 13-19), non si risolvono a tenere per falsa la celebre iscrizione degli Ubaldini di Firenze, che pretenderebbe appartenere all’anno 1184. Del secolo XVI, e non del 1153, è pure quell’atto di permuta in siciliano, ripubblicato nella citata operetta (pag. 154) dallo stesso Cantù, insieme con tanta altra roba, a cui oramai nessuno presta più fede.