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960, troviamo finalmente un intero periodetto quasi tutto volgare. Questa preziosissima carta, pubblicata prima dal Gattola e poi anche dal Tosti,1 è un placito di Arechiso, giudice capuano, per una lite di confini tra il Monastero cassinese e un tal Rudelgrimo di Aquino. Ognuno de’ testimoni, tenendo con una mano l'abbreviatura delle carte processuali, e toccandola con l’altra mano, dice: Sao ko [come] kelle terre per kelle fini, que ki contene,2 trenta anni le possette [possedette] parte Sancti Benedicti. E queste parole son ripetute nel placito ben quattro volte, con lievissime differenze, più grafiche, che di sostanza, e dal cui confronto risulta la nostra lezione.
Sulla data e autenticità di questo vero cimelio, il quale basterebbe da solo a provare che verso il mille il latino doveva già esser morto e sepolto da un pezzo, non c’è, nè ci può essere, ombra di dubbio.3 E la sua importanza si accresce gran-
- ↑ Gattola, Ad Historiam Abbatiae Cassinensis Accessiones; pars prima; Venetiis, 1734; pag. 68-69. — Tosti, Storia della Badia di Montecassino; Napoli, 1842; tom. I, pag. 220-22.
- ↑ Forse, che qui (cioè l’abbreviatura) contiene; preso il qui per soggetto, come quando diciamo, toccando un libro o una carta: Qui parla chiaro; Qui non ammette dubbi, e simili.
- ↑ Si badi però, che nelle edizioni del Gattola e del Tosti c’è un errore, che renderebbe impossibile accertare la data. Infatti, nell’una e nell’altra, il placito comincia così: “In nomine Domini nostri Jesu Christi, bigesimo primo anno princip. domni nostri Pandolfi gloriosi princ., et septimo decimo Landolfi, et secundo anno princ. domni Landolfi, excellentissimis Principibus ejus filiis, mense martio, tertia indictione.„ E questi dati cronologici fanno a pugni tra loro; giacchè, per non dirne altro, il ventesimoprimo anno del principato di Pandolfo Capo di Ferro non corrisponde punto