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excellentissimi rigis.....1 Basterebbero, dunque, questi tre soli esempi tra mille, a provare che nel principio del sec. VIII gl’idiomi parlati in Italia non erano più il latino.

Ma i notari e i cancellieri, e in parte anche i cronisti, i biografi e simili, ci offrono prove ben più dirette e lampanti; poichè, alle volte per maggior chiarezza, ma più spesso per ignoranza, incastrano qua e là ne’ loro scritti forme semivolgari o prettamente volgari. Eccone qui pochi saggi, desunti da documenti d’ogni regione d’Italia.

A. 539. In un papiro ravennate, contenente un istrumento di vendita: Eundemque comparatorem [compratore] Pelegrino Vaistrini [sic], heredesque ejus causa hujus venditionis in ss [suprascriptam] rem inremittere, ingredi, possidereque permiserunt. (Maffei, Istoria Diplomatica; Mantova, 1727; pag. 151.) — Nomero centum decem..... nomero. (Ibid., pag. 152). — Vindetrice (ripetuto due volte, invece del genitivo venditricis. — Ibid., pag. 153).

A. 557. In un papiro reatino: Aetatis invicilitatem. (Ibid., pag. 161 bis.) Invicille e invecille, per imbecille, vivono ancora in alcuni de’ nostri vernacoli.

A. 602 o 603. In valle que nominatur Bobio. (Historiae patriae Monumenta, edita jussu regis Caroli Alberti. Chartar. tom. I, pag. 3.)

A. 685. Orare diveatis.... tam movile quam

  1. Ibid., tom. V, par. II, pag. 14.