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della lingua italiana | 59 |
venti in alcuni dialetti, e oltre l’agu di agustas, vivente anch’esso nell’Agusto (Augusto) del romanesco e d’altri dialetti e nell’italiano agosto; abbiamo quelle tre correzioni sovrapposte a Lepusclu, mesis e decenove, le quali mi paiono attestar chiaramente, che lo scolpitore dell’epigrafe si era fatto rubar la mano dalla sua parlata, e poi si corresse o fu corretto.
Un visse per vixit s’incontra in un’iscrizione dell’anno 564 (pag. 501); un con per cum, in un’altra dell’anno 565 o 550 (pag. 503).
Certo, forme consimili, più vicine cioè ai volgari italiani, che al latino classico, spesseggiano anche nel latino arcaico, come nelle altre antiche lingue italiche;1 e appariscono perfino nel secolo d’Augusto. Ma nel quinto e sesto secolo dell’era cristiana cominciano a diventare un vero diluvio. Scorrendo la citata raccolta del De Rossi, si vede chiaramente che in que’ tempi il buon latino è già un’eccezione. E se così era nella culla stessa della latinità, figuriamoci che cosa dovesse essere altrove. L’arcaismo, prima relegato e quasi nascosto negl’infimi strati sociali, rialzava il capo arditamente col prevalere di questi; e data la mano al neologismo, che nasceva spontaneo dalle mutate condizioni materiali e morali, cospirava con esso a precipitare la trasformazione del linguaggio.