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Del resto, chi facesse uno studio diligente sopra ciascuno di que’ vocaboli, che dal Diez1 e da tutti coloro che hanno ricopiato il suo elenco, vengono relegati nella categoria dei rustica, vulgaria, sordida, troverebbe, io credo, da redimerne un bel numero. Perchè mai, per esempio, dirci che mamma (per mater) era voce volgare, se Varrone presso Nonio attesta che apparteneva al linguaggio de’ bambini? O che i patrizi non avevan bambini? E Marziale non si servì di questa voce, per l’appunto come ce ne serviremmo noi Italiani, in qualunque scrittura familiare, ma niente affatto volgare?

Mammas atque tatas habet Afra; sed ipsa tatarum
Dici et mammarum maxima mamma potest.2


E, peggio ancora, perchè dirci che cludere era la forma volgare di claudere, se per quanto si volesse stiracchiare questo o quel testo, è certo certissimo che fu adoperata innumerevoli volte, e in tutti gli stili, e da scrittori d’ogni tempo?3 E perchè, finalmente, mettere in fascio voci e maniere usate da Plauto e Terenzio, con altre usate da autori di cinque, o sei, o sette secoli

  1. Op. cit., vol. I, pag 4-28.
  2. Epigramm., I, 101.
  3. Si veda il gran Dizionario del Freund, tradotto in francese e accresciuto dal Theil, o il Forcellini rifatto dal De-Vit. — Del resto, coloro che fanno assegnamento su questa pretesa forma volgare, dimenticano, al solito, che se l’italiano chiudere risale a cludere, il francese clore risale invece diritto diritto a claudere.