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se si considerano nel loro organismo, non sono altro che il latino adulto. Il cristianesimo, le invasioni, i commerci non poterono alterare la loro intima essenza, o, come vedremo tra poco, l’alterarono solo in piccolissima parte; quantunque dessero, per dir così, una spinta al loro sviluppo, e ne alterassero alquanto il Vocabolario.

Per esempio, i due nomi latini domus (casa) e verbum (parola), quando la nuova religione chiamò duomo la casa di Dio e verbo Dio stesso o la sua parola, scomparvero quasi affatto dall’uso comune nel loro primo significato.1

Per effetto poi delle invasioni e de’ commerci, le lingue nuove si arricchirono di voci germaniche, arabe e greche. Ma anche queste voci sono, relativamente, un numero assai ristretto.

Il valacco e alcuni dialetti del mezzogiorno d’Italia sono, com’è naturale, i più ricchi di voci greche; lo spagnolo e il portoghese di voci arabe;2 e molte di queste ultime divennero poi comuni a tutte le altre lingue romanze. Comuni del pari

  1. In alcuni luoghi di Sardegna si dice ancora domu e domo per casa; e in Toscana e altrove si usa nel suo primo significato anche verbo, ma solo in certe speciali locuzioni (non disse verbo, non rispose verbo, ecc.); le quali però, benché vivissime anche tra ’l volgo, tuttavia è possibile che siano meri latinismi, salvo il caso di evidente elaborazione popolare, come nel ladino vierf (verbum), verva (verba). (Cfr. Ascoli, Arch. Glott., vol. I, pag. 127 e 172.)
  2. Cfr. Dozy et Engelmann, Glossaire des mots espagnols et portugais dérivés de l’arabe. Seconde édition. Leyde, 1869. — Tra queste parole non ce n’è una, che indichi un sentimento o un legame di parentela o d’affezione. È però arabica una formula esclamativa con cui lo spagnolo invoca Dio: ojalà.